Nei primi anni Cinquanta, Napoli e New York scompaiono dagli orizzonti geografici ed emotivi di Congdon, ed emerge Venezia, che lo seduce con una bellezza pura, fatta di acqua e di luce. Lo splendore di Venezia lo abbaglia come una promessa. Nei numerosi ritratti della Piazza San Marco la macchia nera di Explosion fa spazio al disco di luce nato a New York, il “disco d’oro”. Peggy Guggenheim benedice il lavoro di Congdon, dichiarandolo all’altezza dei grandi del passato. La fama di Congdon si consolida, consentendogli di accedere ai santuari della cultura americana. Il viaggio e la fuga da sé non cessano di essere gli elementi strutturali della sua tecnica. Così, dopo quattro intensi anni di passione, anche il romanzo con Venezia volge al termine.
Nel 1951 il suo peregrinare lo conduce ad Assisi. Nella città di San Francesco, incontra don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana, associazione missionaria attorno a cui gravitano molti artisti di varia provenienza. Questo incontro risveglia in lui il bisogno di una profonda conversione, che tuttavia viene rimandata ancora in lunghi anni di viaggi e di fughe. Dipingendo febbrilmente Congdon si spinge sull’orlo di un abisso. È lì che lo conducono il vuoto assoluto del deserto del Sahara, l’isola-vulcano di Santorini, gli avvoltoi morti in Guatemala, le rovine della Cambogia, le stazioni-baratro del metrò di Parigi. La morte aleggia anche nella nuova serie di quadri invernali di Exeter, con i quali nel 1956 Congdon prende congedo dal proprio Paese, da cui si sente definitivamente respinto.
Il 15 agosto del 1959, dopo nove anni, William si arrende alla Chiesa Cattolica e riceve il battesimo nella Basilica di Assisi. Su invito di don Giovanni Rossi Congdon si trasferisce ad Assisi, che rimane la sua casa per circa vent’anni, densi comunque di viaggi e ritorni.