Nella stasi apparente della campagna lombarda, la ricerca creativa di Congdon si rinnova continuamente. Ribaltare la linea dell'orizzonte, fondere gli opposti in quadri monocromi sono alcune delle soluzioni sperimentate in questi anni. All’inizio degli anni Novanta, Congdon è ormai troppo debole per aggredire la superficie del pannello con i violenti colpi di spatola e l’antica energia dell’action painter. Tuttavia non accetta di rassegnarsi all’inattività, e cerca di adeguare la tecnica alle mutate condizioni del suo fisico. Negli ultimi due anni di vita – quando le precarie condizioni di salute rendono meno controllato il suo gesto – riemerge nelle sue tele una vena di fresco naturalismo, di sapore quasi naïf.
Il 15 aprile 1998, nel giorno del suo ottantaseiesimo compleanno, Congdon si congeda dalla vita. Sul tavolo dello studio un regalo inaspettato, il suo ultimo quadro. Il soggetto riprende un quadro dipinto appena qualche settimana prima, ispirato dalla lettura di un saggio di Rublev sulla Trinità: tre alberi conficcati nel terreno si stagliano contro un cielo rosa arancio, secondo un accostamento cromatico insolito per la sua tavolozza.