Il periodo successivo alla conversione è però tutt’altro che facile. L'esasperato individualismo di Congdon, il suo latente istinto di ribellione mettono continui ostacoli al radicamento nella nuova realtà ecclesiale. Soltanto un rapporto personale, di profonda amicizia permette a Congdon di trovare quella minima stabilità per lavorare e vivere senza cedere agli impulsi autodistruttivi così legati alla sua attività creativa. Ad Assisi incontra Paolo Mangini, membro della Pro Civitate, la cui amicizia devota ed attenta lo sosterrà per tutti gli anni a venire. Tramite Mangini, Congdon conosce don Luigi Giussani, fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione. I due si legano in modo definitivo al movimento di Don Giussani. Nello stesso periodo si apre la possibilità di creare un centro di vita e di meditazione a Subiaco, nel convento abbandonato del beato Lorenzo.
Tra il 1960 e il 1965, la svolta esistenziale di Congdon si riversa con grande impeto nella sua pittura. In questi anni dipinge quasi esclusivamente soggetti religiosi, in particolare la rappresentazione del Crocifisso. La scelta di dipingere soggetti liturgici pone una drastica fine alla sua carriera. Gli ambienti culturali che prima lo celebravano cominciano ad accusarlo di aver “tradito” l’arte consegnandosi alla Chiesa.