«Quando ho incontrato William Congdon a Parigi, ciò che in lui mi ha colpito è stata la sua douceur di una strana profondità, un candore assolutamente disarmato, una vulnerabilità di fronte a tutti gli strali spirituali, e non solo quelli provenienti dalle angustie di questo mondo e dalla bellezza che ferisce i nostri sensi, ma anche gli strali delle sfere ultraterrene. Con lui, come con Rouault… ho sentito quella sorprendente rassomiglianza tra l’uomo e l’opera che è la caratteristica degli artisti di genuina grandezza.»