«William Congdon [....] può essere inteso giustamente soltanto rifacendosi alla teoria e all’esperienza dell’icona [...] perché la serie dei suoi crocefissi sono icone rovesciate [...]. L’icona orientale ha sempre un che di trionfale, di vittorioso, una promessa di Gerusalemme celeste. Invece l’icona di Congdon parte dal nero – e la senti, la tavola nera sul fondo: dal culmine della kénosis, proprio dalla crocefissione, tu tiri fuori il colore.»